Teatro

I magnifici tre di Niente progetti per il futuro

I magnifici tre di Niente progetti per il futuro

Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti tornano sui palcoscenici per interpretare un testo scritto da Francesco Brandi, un giovane autore che proprio con Niente progetti per il futuro, al Teatro Manzoni di Milano dall’8 al 27 marzo, ha vinto nel 2009 il Premio Flaiano per la sua capacità di ritrarre “una società intera, priva di valori e piena di contraddizioni”, come ha affermato il presidente della giuria Masolino D’amico nel consegnare il premio a Brandi. L’autore ha ridotto il testo per il teatro e si propone regista; alla presentazione della tragicommedia ha ringraziato tutti i suoi collaboratori, oltre ai due interpreti.

Cosa sente, nel ritrovarsi autore e regista del suo testo?

“Con due grandi attori come Giobbe e Iacchetti mi sono divertito e ho pure riscritto diverse volte parti del testo, che si è modellato sulla loro capacità di interpretare i personaggi al punto da sentirli così veri e sapere, meglio di me, cosa potevano dire. Siamo arrivati a scrivere quattro diversi finali e talvolta, difatti, cambieremo ancora, penso, di sera in sera. Ho un debito verso Cesare Picca, il compositore musicale che ci ha regalato una colonna sonora bellissima. Sono stato felice che abbia messo tanto di suo, anche perché gli avevo chiesto proprio di scrivere come stesse lavorando per un disco suo e non per il teatro. Il risultato è eccellente. Voglio ringraziare anche Nico Bovey per le scenografie e i costumi: lui lavora per il cinema e affianca Martone a Torino, di questi tempi. Christian Zucaro è il disegnatore delle luci e infine abbraccio il grande Sergio Fantoni, il nostro angelo custode e supervisore lungo tutta questa grande avventura”.

Iacchetti, di cosa parla la storia?

Della disperazione di due che vanno a buttarsi giù da un ponte. Ma si incontrano, per caso, titubano, fanno amicizia e si raccontano.

Che ne dice, Giobbe? Si parla di solitudine?

Sì, quella solitudine che ognuno si porta appresso, che ritroviamo in questa società, in questo periodo storico, senza sottolineare fatti precisi. In generale.

Voi due siete amici da molti anni ma da tempo non vi si vedeva assieme. Giobbe,  vi incontrate solo per lavoro?

Ma noi due abbiamo continuato a sentirci, anche se a distanza. Facciamo anche le vacanze assieme, appena possibile. Però, tanta gente crede che siccome lui fa ‘Striscia la notizia’ che magari abiti lì, a Cologno, negli studia Mediaset, mentre a me, quando mi incontrano per strada, mi chiedono ‘Che ci fai in Italia?’. Eppure io vivo qui, salvo qualche periodo in cui viaggio per lavoro!

Confermi, Enzo?

Certo. Mio figlio a lui lo chiama ‘zio Giobbe’ e sua figlia mi chiama ‘zio Enzino’. Ora lavoriamo di nuovo assieme perché questa è una bella storia, tanto che andrà avanti anche la prossima stagione: andremo in tantissimi posti d’Italia.

Si sente la loro amicizia mentre li dirige, Brandi?

La loro amicizia è servita anche perché, oltre alla complicità e alla confidenza che c’è tra loro, si fidano l’uno dell’altro. Entrambi hanno fatto cabaret ma il loro modo di stare sulla scena è incredibile, specie per un autore e per un regista; in questo caso l’effetto è stato sommato, per me. Ma grazie a queste ragioni si è potuto cambiare lo spettacolo, creando battute diverse e perfino il finale, a seconda dell’umore del giorno. In qualche caso abbiamo cambiato perfino parte dei contenuti, sempre lavorando assieme in armonia.

Enzo, il teatro come lo vivi, oggi?

Il teatro è bello, specie all’inizio. Poi si sa, è faticoso. Noi due siamo ex-giovanotti e l’albergo, la valigia, le prove…

Hai un nuovo progetto per il tuo futuro?

Voglio compiere i miei 60 anni, fra un anno e mezzo, facendo la regia di una commedia drammatica. Ho comprato i diritti e sto già scrivendo la sceneggiatura. Voglio stupire.

Non è un azzardo?

Ho già fatto dei cortometraggi, che sono stati premiati. Ho fatto regie di teatro e cinema. Questa è una storia, vera, meravigliosa, scritta da uno fantastico e spero con tutto il cuore che tra due estati arrivi al pubblico.

Che pubblico ritrovi dal vivo? Chi viene a vederti a teatro, Iacchetti?

Per venire a teatro bisogna avere voglia di uscire di casa, tanto per cominciare. Non guardare L’isola dei famosiIl Grande fratello. E bisogna avere voglia di ridere. Ecco chi viene a teatro.

Giobbe, pensi di avere un messaggio da comunicare, col teatro?

Si possono dire tante cose ma l’informazione, ho imparato, non passa attraverso la noia ma di più attraverso il divertimento. A scuola odiavo la storia perché avevo un maestro noiosissimo, finché ho conosciuto e ascoltato Montanelli. Anche se in disaccordo dal punto di vista ideologico, lui mi ha fatto amare la storia e ancora oggi, a distanza di anni, ho un volume di Montanelli sul comodino. Così penso si debba comunicare anche a teatro: senza annoiare, meglio divertendo.

Qual è il tuo personaggio ora, Giobbe?

Sono Ivan, un semplice garagista che si incontra su un ponte con Tobia, un presentatore televisivo decaduto che, come me, ha deciso di suicidarsi. I motivi sono diversi: a me  m’ha tradito la fidanzata mentre lui ha perso il favore del pubblico e non lo vuole vedere più nessuno. Eppure, parlando, le motivazioni di entrambi si confrontano e sono inquietanti: uno vuole morire per delusione d’amore, l’altro perché non è più famoso.

Progetti per il futuro?

Per ora non ho nuovi progetti; forse mi dedicherò a scrivere un libro ma la verità è che non ho progetti veri perché ne ho già troppi da smaltire!